mi è aarivata questa e-mail, non so chi sia Giacomo di Girolamo ma mi trova troppo daccordo :
Io per il terremoto non do nemmeno un euro.
Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi raccoglie fondi per le popolazioni
terremotate in Abruzzo. So che la mia suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera il
contrario, senza il pudore che la carità richiede. Ma io ho deciso. Non telefonerò a nessun numero che
mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò nessun sms al costo di un euro. Non
partiranno bonifici, né versamenti alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a
famigliole bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda.
Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori, alle testimonianze dei politici, al pianto
in diretta del premier. Non mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no – stop, le scritte in
sovrimpressione durante gli show della sera. Non do un euro. E credo che questo sia il più grande
gesto di civiltà, che in questo momento, da italiano, io possa fare.
Non do un euro perché è la beneficienza che rovina questo Paese, lo stereotipo dell’italiano generoso,
del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con
questi slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che si perdoni
più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficienza, fa da pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull’orlo del
pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire, stringendoci l’uno con l’altro. Soffriamo (e offriamo) una
compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro.
Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi coperti. Le responsabilità
accertate. I danni riparati in poco tempo. Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in
queste tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile. Che
vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E
io dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l’economia del nostro Paese.
E nelle mie tasse c’è previsto anche il pagamento di tribunali che dovrebbero accertare chi specula sulla
sicurezza degli edifici, e dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago
anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma proprio nulla, che non
sia passerella.
C’è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a visitare i posti terremotati. In un
viaggio pagato – come tutti gli altri – da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n’era proprio bisogno?
Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di “new town” e io ho pensato
a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo: “new town”. Dove l’ha preso? Dove l’ha letto? Da quanto
tempo l’aveva in mente?
Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve essere masticato, riprodotto, ad
uso e consumo degli spettatori. Ecco come nasce “new town”. E’ un brand. Come la gomma del ponte.
Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura Schifani, nei posti del terremoto. Il
Presidente del Senato dice che “in questo momento serve l’unità di tutta la politica”. Evviva. Ma io non
sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica, alle spalle della comunità. E
poi mentre voi, voi tutti, avete responsabilità su quello che è successo, perché governate con diverse
forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per
la giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una giustizia che non c’è.
Io non lo do, l’euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha servito lo Stato 40 anni, prende di
pensione in un anno quasi quanto Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo
euro? Per compensare cosa? A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo sentirono eccome quel
terremoto. E diedero un po’ dei loro risparmi alle popolazioni terremotate.
Poi ci fu l’Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico versamento su conto corrente postale. Per
la ricostruzione. E sappiamo tutti come è andata. Dopo l’Irpinia ci fu l’Umbria, e San Giuliano, e di
fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente.
Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come prima?
Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un euro: comprando un giornale scritto
da bravi giornalisti) che una delle scuole crollate a L’Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di
penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio scolastico, nonostante non ci fossero
assolutamente i minimi requisiti di sicurezza per farlo.
Ecco, nella nostra città, Marsala, c’è una scuola, la più popolosa, l’Istituto Tecnico Commerciale, che da
30 anni sta in un edificio che è un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato,
un edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso quasi 7 milioni di euro d’affitto fino ad ora,
per quella scuola, dove – per dirne una – nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo scirocco (lo
scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco! C’è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo
inventare?) il controsoffitto in amianto.
Ecco, in quei milioni di euro c’è, annegato, con gli altri, anche l’euro della mia vergogna per una classe
politica che non sa decidere nulla, se non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per
tornaconto.
Stavo per digitarlo, l’sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno sottolineato gli eccezionali ascolti del
giorno prima durante la diretta sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il
canone, ho capito che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella bestialità che
avevano detto.
Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa succede a me. Voglio solo uno
Stato efficiente, dove non comandino i furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il
terremoto è il gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l’alibi per non parlare d’altro, ora nessuno
potrà criticare il governo o la maggioranza (tutta, anche quella che sta all’opposizione) perché c’è il
terremoto. Come l’11 Settembre, il terremoto e l’Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto.
Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo volesse davvero, lo Stato
saprebbe come risparmiare per aiutare gli sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o
quelli dei super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono le prime cose
che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta sempre più rabbia.
Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno. Perché rivendico in
questi giorni difficili il mio diritto di italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia dentro che
diventa pianto, quando sento dire “in Giappone non sarebbe successo”, come se i giapponesi hanno
scoperto una cosa nuova, come se il know – how del Sol Levante fosse solo un’ esclusiva loro. Ogni
studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all’atto
pratico.
E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel frastuono della televisione non c’è
neanche un poeta grande come Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi.
Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di noia.
Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di dire quello che penso.
Come la natura quando muove la terra, d’altronde.
Giacomo Di Girolamo
Originally posted by panettone - 04/16/2009 : 16:52:21